Ciononostante, Gichin Funakoshi disse addirittura che il Seite (quando un braccio difende e l’altro contrattacca) è importante ma non quanto l’Hente (difesa e contrattacco con lo stesso braccio)- Hente è direttamente collegato alla pratica di Ko-Waza. Proprio per questo è importante capire il concetto di O-Waza e la sua storia. Non ci dilungheremo eccessivamente su questo punto, ciò che in realtà conta è l’avere la padronanza sulle tecniche di O-Waza allo scopo di essere efficaci con quelle di Ko-Waza (tecniche di corta distanza).
Diciamo che la tecnica di uno Tsuki (pugno) dalla distanza di 1 m impieghi un tempo che chiameremo “X”.
Bene, quel che Yoshitaka faceva era aumentare poco a poco la distanza, arrivando anche a 2 o 3 m, cercando di portare la tecnica nello stesso lasso di tempo. Questo la rendeva molto più efficace e qui troviamo l’importanza della posizione di Fudo-Dachi.
Durante la guerra gli antichi Samurai davano grande importanza ai movimenti di Ko-Waza trovandosi nella necessità di un’azione immediata, dato che a quella distanza le loro vite erano continuamente in pericolo.
Più tardi, in tempo di pace, lo spazio per le tecniche veniva aumentato ed erano così le O-Waza ad essere considerate come metodo di allenamento.
Nel Kendo, per esempio, le tecniche di lunga distanza venivano usate come esercizio per rafforzare e valorizzare il corpo.
Un buon utilizzo di questo sistema di allenamento aiuta a preparare i muscoli per poter poi praticare Ko-Waza efficacemente.
La posizione di lavoro preferita da Gichin Funakoshi era il Kiba-Dachi (posizione del cavaliere).
Yoshitaka osservò tutto ciò e dopo alcuni esperimenti creò la posizione di Fudo-Dachi, con il suo stile più esplosivo e con le tecniche di lunga distanza.
La ragione della nascita di questa nuova posizione è che queste tecniche portate da una posizione frontale perdevano molta della loro efficacia.
Lo stesso accadde con altri movimenti.
Dal Fudo-Dachi cambiamo direzione nel massimo della velocità e della stabilità, cosa che nonaccade con altre posizioni.
Un chiaro esempio della profondità, della distanza e della mira nell’avanzamento di una tecnica di Tsuki(pugno) è la sequenza : Fumi-Komi - Soe-Ashi - Gedan Tsuki - Soto Uke del Kata Enpi.
D: Quando vide Yoshitaka Funakoshi per la prima volta?
Maestro Kase: Era il 1944. Normalmente la lezione dei principianti era tenuta da Sensei Hironishi, ma un giorno arrivò un nuovo Sensei. Non conoscendolo, io chiesi chi fosse, e mi dissero che era il Waka Sensei (giovane Sensei), figlio di Gichin Funakoshi.
In quella lezione Sensei Yoshitaka ci spiegò come dare il calcio Mae-geri lentamente, e senza poggiare la gamba anche come eseguire lo Yoko-geri, poi trattenendo lo Yoko-geri, spiegò come eseguire il Mawashi-geri.
Dopo ci disse: “ora vi mostrerò come eseguirli normalmente” e diede 3 calci così veloci e forti che ricordo ancora il flash bianco del karategi e un rumore che ricordava la tempesta.
Fummo davvero impressionati.
I Seniors dicevano che assistere all’esecuzione dei Kata di Sensei Yoshitaka metteva addosso una sensazione di pericolo imminente.
Questo è il modo, dicevano, in cui un Kata deve essere eseguito. Chi guarda deve sentire, percepire la vibrazione della forza interiore e la determinazione. Se chi assiste non sente niente significa che il Kata non è ben eseguito, cioè siamo di fronte ad una “ginnastica” o a una “danza” del Kata.
D: Maestro, lei ha sempre parlato dell’importanza dell’Hara e del respiro. Ci parli un po’ di questo…
Maestro Kase: L’importanza dell’Hara (posto 3 cm sotto l’ombelico) nel Budo ha una doppia origine.
Da un lato troviamo la meditazione Zen.
Nello Zen venne scoperto che oltre alla normale respirazione toracica nei polmoni, l’aria può essere condotta in basso, respirando, verso il centro del corpo, l’Hara, appunto.
Dall’altro abbiamo i Samurai, tra i quali fu notato che al posto della forza delle spalle, era possibile usare un punto posto più in basso, e indicarono l’Hara. Si resero conto che le tecniche erano più efficienti ed avevano più probabilità di successo.
Già il Kendo, lo Ju-Jutsu etc, esistevano in Giappone come Arti del Budo, ed a poco a poco questa direzione fu seguita nel Karate-Do, respirando nella seguente maniera:
- Spingi l’aria verso l’Hara, tienila compressa in quel punto ed usa questa energia extra per rendere più potenti le tecniche.
- La corretta respirazione verso l’Hara e la conseguente compressione permettono lo sviluppo della forza essenziale in alcune tecniche, come lo Sanbon-Tsuki, Sandan-Tsuki o nell’Hente. Col semplice respiro polmonare questo non è possibile.
D: Lei ha parlato di concetti importanti e sconosciuti, come il TOATE. Può darcene una semplice spiegazione?
Maestro Kase: Toate significa toccare senza contatto fisico. Per esempio, bloccando ripetutamente un attacco
in maniera vigorosa, con una profonda concentrazione e con la respirazione corretta, una volta chi attacca sentirà come se avessimo bloccato l’attacco anche se non lo abbiamo fatto. Sarà dubbioso. Ma in realtà c’è molto di più e sono in pochi, Sensei Egami e Sensei Yoshitaka fra questi, ad averlo studiato per intero.
Ad un livello superiore, alcuni Maestri del Budo o Samurai erano capaci di paralizzare degli uccellini o dei pipistrelli senza sfiorarli. Si concentravano su di essi, fissandoli, e col il respiro o il Kiai li paralizzavano per il tempo necessario a trafiggerli.
D: Quali elementi della pratica del Budo lei vorrebbe enfatizzare?
Maestro Kase: Una delle parti più importanti è senza dubbio la combinazione delle tecniche. Ma non devono essere casuali.
Quando qualcuno ripete una tecnica come lo Tsuki 500, 1000 o 10.000 volte, deve guardare dentro se’ e sentire cosa prova, perché probabilmente solo 2 o 3 Tsuki erano corretti (velocità, forza, stabilità), in breve, efficienti. E solo quelle 3 sono importanti, da ricordare.
Dobbiamo essere molto percettivi e capire quando abbiamo eseguito la tecnica correttamente, e subito guardarci dentro per far sì che ci rimangano impresse le sensazioni nella mente e nel corpo.
Qui sta la differenza tra quantità e qualità ed è ciò che realmente conta nell’apprendimento e nell’avanzare da un livello all’altro.
Dunque la prossima volta che esegui quella o un’altra tecnica devi ricercare in te la sensazione, per integrarla nelle future occasioni.
Ad ogni modo, su 100 esecuzioni, più o meno 2 o 3 saranno corrette. Quindi vai ogni volta più veloce ed integra la sensazione a sempre più tecniche.
Non basteranno 30, 40 o 50 anni di esercizi e migliaia di esecuzioni se non noteremo cosa accade in noi ma ci limiteremo a contare le ripetizioni. Non è abbastanza. Devi capire com’è la tecnica corretta, cosa hai sentito e lavorare con questa sensazione.
D: Lei crede che nel Karate-Do o nel Budo ci siano elementi misteriosi o che siano accessibili a pochi?
Maestro Kase: No, quello che accade è che nella pratica del Budo devi coprire una lunga distanza. Molte volte l’hai raggiunto mentre in altre occasioni pensi di essere vicino ma non ancora arrivato.
Perciò nessuno può progredire nel Budo se non nella misura in cui si passa da un livello ad un altro.
Questo fa la differenza fra i praticanti. Non è importante il numero di anni di pratica, ma la la corretta pratica durante quegli anni.
È l’unico modo di progredire verso un Karate superiore.
Se qualcuno mi chiede perché noi pratichiamo così tanti attacchi, così frequentemente ed ogni volta più forti, la mia risposta è che quando sperimenti le tecniche con le sensazioni, attaccando e ricercando la potenza, la tua difesa diventa più forte.
Quando siamo riusciti ad eseguire un attacco più forte dobbiamo chiederci se saremmo riusciti a respingerlo.
D: Infine, Maestro, dia qualche consiglio ai praticanti di Karate.
Maestro Kase: Il mio consiglio per gli studenti di Karate-Do è molto semplice.
Dovete ricordare quel che diceva Gichin Funakoshi, “Karate Ni Senti Nashi” (Non c’è primo attacco nel Karate) e capire il concetto, mentalmente e tecnicamente.
Dovete fare tutto il possibile perché chi ha l’intenzione di attaccarvi comprenda ed accetti che è meglio per lui non attaccare.
Questo è il reale significato del motto “Karate Ni Sente Nashi”- così l’aggressore non attacca e non c’è combattimento.